La Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità della norma della legge 40 che vieta il ricorso a un donatore esterno di ovuli o spermatozoi nei casi di infertilità assoluta.
Il divieto di fecondazione eterologa contenuto nella legge 40 del 2004 è incostituzionale: la Corte costituzionale ha stabilito che è illegittima la norma che vieta il ricorso a un donatore esterno di ovuli o spermatozoi. Con la sentenza della Consulta cade dunque il divieto previsto dall’articolo 4 comma 3 della legge: “È vietato il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo”. (Leggi anche I giudici di Milano contro il divieto all’eterologa)
Conseguentemente, risultano incostituzionali anche i divieti contenuti nei commi 1 e 9 dell’articolo 9, mentre restano in vigore gli altri contenuti, tra i quali anche il divieto di disconoscimento di paternità nel caso in cui la coppia abbia deciso di ricorrere alla fecondazione eterologa. Ed è illegittimo anche l’articolo 12 comma 1 che prevede le sanzioni: “Chiunque a qualsiasi titolo utilizza a fini procreativi gameti di soggetti estranei alla coppia richiedente, in violazione di quanto previsto dall’articolo 4, comma 3, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 300.000 a 600.000 euro”.
Per gli avvocati Filomena Gallo e Gianni Baldini, legali dell’associazione e della coppia che ha presentato ricorso al Tribunale di Firenze e il cui caso è giunto fino alla Corte Costituzionale, con la decisione della Consulta cade “un divieto anacronistico che penalizza e discrimina proprio coloro che presentano forme di sterilità assoluta, non consente di realizzare il progetto genitoriale e di famiglia di tante coppie, impedisce l’esercizio di un diritto alla procreazione cosciente e responsabile come sancito in leggi nazionali e dichiarazioni internazionali”.
Il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, da parte sua ha fatto sapere come “alla luce delle motivazioni della Consulta, al più presto comunicheremo la road map per l’attuazione della sentenza”, tenendo comunque presente che sulla fecondazione eterologa “ci sono aspetti estremamente delicati che non coinvolgono solamente la procedura medica ma anche problematiche più ampie, come ad esempio l’anonimato o meno di chi cede i propri gameti alla coppia, e il diritto a conoscere le proprie origini e la rete parentale più prossima da parte dei nati con queste procedure”. E sono questioni talmente delicate, sottolinea il ministro, che “necessitano una condivisione più ampia, di tipo parlamentare”. (Guarda Inseminazione, le tecniche vietate in Italia)
La sentenza della Corte costituzionale è comunque solo l’ultima di una serie di interventi sulla legge che, nei sui 10 anni di vita, è stata smantellata mattone dopo mattone: in totale i tribunali civili, quelli amministrativi regionali e la Corte Costituzionale si sono pronunciati già 30 volte sul testo, rimuovendo diversi divieti posti dalla norma: quello di produzione di più di 3 embrioni nel 2009, quello dell’obbligo di impianto contemporaneo di tutti gli embrioni sempre nel 2008, quello di diagnosi di reimpianto nel 2008, oggi quello di eterologa mentre è in attesa di udienza quello sul divieto di accesso alle coppie fertili ma portatrici di patologie genetiche.